Il lavoro della giovane studiosa americana (d’ora in avanti l’A.) Dawn LaValle Norman ambisce ad essere la prima, comprensiva, monografia in lingua inglese su Metodio di Olimpo che superi la visione storiografica classica che relega Metodio alla sola dimensione delle sue dispute teologiche con Origene; l’obiettivo dell’A. è principalmente quello di innovare gli studi su Metodio offrendo una visione ricca e articolata su questo autore spesso negletto e poco citato negli studi storico-filosofici sul tardo antico, con un focus preciso sulla sua opera più nota – e soprattutto non frammentaria – il Simposio (Symposium decem virginum). L’A. riesce nell’intento di offrire uno strumento informato e ambizioso per gli specialisti che intendono ri-scoprire un autore e il suo ruolo nel complesso periodo che l’A. chiama “crisi del medio-tardo iii secolo dC”, un periodo di crisi politica e storico-filosofica dopo la prima fioritura del Neoplatonismo plotiniano e il periodo di stabilità dei Severi.
La nostra conoscenza di Metodio di Olimpo, venerato come martire dalla chiesa cattolica e ortodossa, soffre della mancanza di un corpus di opere nutrito e non frammentario, e dalla difficoltà di reperire traduzioni scolastiche e commentate delle sue opere sopravvissute in lingua slava. Grazie alla sua ottima e profonda conoscenza del Simposio e inoltre del De libero arbitrio e del De resurrectione, l’A. lancia la sua proposta di interpretazione di Metodio come un innovatore del pensiero platonico-plotiniano e degli strumenti retorici riscoperti dalla Seconda Sofistica. A ciò si aggiunge il peculiare sguardo dell’A. sulle tematiche di genere e sull’eccezionale scelta, da parte di Metodio, di veicolare il suo messaggio filosofico e teologico sulla castità per bocca di dieci donne che a turno, sotto gli auspici di Arete, si producono in una performance oratoria.
La biografia antica più informata, sebbene brevissima nella sua concisione, di Metodio si trova nel De viris illustribus di Girolamo, il quale ci informa delle sue opere (citando la polemica con Porfirio, cui avrebbe dedicato appunto un’opera polemica) e che il santo ricevette la corona del martirio sotto Decio e Valeriano. La collocazione di Metodio come nativo di Olimpo è dibattuta, altre locations citate da biografi diversi sono Patara e Filippi; Patara in particolare, come ricorda bene l’A. nell’Introduzione e oltre, sarebbe stata il cuore dell’azione didattica oltre che missiologica di Metodio, che ambì a trasformare la città in un centro culturale animato come Alessandria o Pergamo. L’Introduzione dell’A. non ci fornisce solo informazioni generiche di presentazione della vita e dell’opera di Metodio ma è parte integrante dello sviluppo della tesi del volume, con una panoramica interessante, ripresa e ampliata nel primo capitolo, sulla crisi del terzo secolo, e per la precisione dei decenni 235–315, anni della “letteratura della crisi” dopo Filostrato (il nome di riferimento per la retorica della Seconda Sofistica), Origene (il nome di riferimento per la teologia) e Plotino (il nome di riferimento per la filosofia, in questo caso pagana). L’introduzione anticipa inoltre la critica, ulteriormente sviluppata nel secondo capitolo, dell’A. alle tesi del grande studioso Simon Goldhill – a cui comunque l’A. riconosce il merito di aver portato pionieristicamente a conoscenza alcuni aspetti di Metodio – espresse soprattutto nello studio The End of Dialogue in Antiquity (Cambridge 2009) ma prima ancora in Foucault’s Virginity: Ancient Erotic Fiction and the History of Sexuality (Cambridge 1995). L’A. mette in luce la vena polemica con cui Goldhill si rivolge a Metodio per sostenere la tesi secondo cui la Cristianità e i primi secoli abbiano di fatto decretato la morte del dialogo filosofico genuino per ragioni dottrinali inerenti al messaggio evangelico (“He argues that the requirements of consensus inherent in Christianity’s worldview destroyed the possibility of genuine dialogue of the type represented in the Socratic dialogues of Plato”).
Parte dell’interesse per questo eccellente lavoro di ricerca sta a nostro parere proprio nella difesa del rapporto autentico tra Metodio e le sue auctoritates filosofiche pagane: in questo senso, l’A. propone argomenti convincenti a sostegno della tesi secondo cui il teologo sarebbe in effetti un intellettuale platonico, profondo conoscitore della filosofia platonica e neoplatonica oltre che teologo in dialogo con la teologia dei primi secoli, e secondo cui il pensatore di Olimpo abbia volontariamente proposto, con la sua opera, “un’estetica della speranza” (espressione che l’A. sceglie come suo leit motiv e che ritroviamo anche nel titolo del volume) che superi sia la mistica Neoplatonica che la visione escatologica della teologia cristiana modellata sull’Apocalisse di Giovanni (“[Methodius] carved out a new aesthetic different from either a Platonic ascent or Christian apocalyptic, an aesthetic which I would like to call an aesthetic of hope”). Molto interessante, in proposito, l’analisi che l’A. propone – a sostegno proprio della tesi del rapporto metodiano con la filosofia platonica – della relazione tra il De Resurrectione e la cornice narrativa e il set agonistico del Protagora di Platone; (“That is the context of his long dialogue On the Resurrection, which begins with a mimesis of the second scene of Plato’s Protagoras. Methodius imitates the Platonic intellectual community but updates it to his own period”); altrettanto interessante l’analisi che l’A. offre, nel secondo capitolo, dell’ekphrasis del Simposio, ancora una volta in dialogo con l’antichità classica: l’analisi della capacità ecfrastica dell’autore si inserisce, nel lavoro dell’A., in una disamina più ampia dell’importanza del concetto di immaginazione, φανταςία, nell’opera di Metodio in dialogo con gli autori pagani.
Mentre Metodio è consapevole, sulla scorta già di Aristotele, che l’immaginazione ha il potere di stimolare il desiderio negli esseri senzienti e razionali, è anche consapevole che la teologia e la dottrina cristiana necessitano di un corretto “uso dei desideri” che è alla base di un corretto “uso dei piaceri”, e questo è evidente, secondo l’A, in particolare nella struttura e nel messaggio dell’orazione di Tecla. la vergine vincitrice dell’agone (“As mentioned above, Aristotle believes that the psychological purpose of phantasia is to create desire in locomotive animals. The role of phantasia in rhetorical usage was also to create desire and thereby to persuade one’s listener […] An important content in Christian education, a protection against the scheming wiles of the devil, is instruction in proper imagination, the longing construction of images of the life that is to come”). Oltre ad Aristotele e ai teologi, di nuovo l’auctoritas di Metodio è Plotino ma anche Porfirio, di cui Metodio mira a superare la visione dualistica dell’immaginazione, una facoltà che è in grado di ricollegarci ai Logoi superiori ma anche di distrarci per la compromissione delle anime individuali con la realtà della Natura.
Come già ricordato, anche il Simposio di Metodio, al pari di molti dialoghi platonici, è contenuto in una cornice narrativa, il racconto di Gregorio a Eubulio (alter ego letterario di Metodio medesimo). Il tema del Simposio – e suo sottotitolo – è la castità (ἁγνεία) chiamata spesso da Metodio anche verginità (παρθενία), e il set è il giardino di Arete, in cui la dea, una volta finito il pasto, invita le vergini presenti a una competizione di discorsi, e ad offrire ciascuna un encomio della verginità. L’ottava a intervenire (dopo Marcella, Teofila, Talia, Teopatra, Tallusa, Agata e Procilla) è Tecla, che sarà decretata vincitrice, e che offre il discorso, anzi la coppia di discorsi (rispettivamente un’interpretazione dell’Apocalisse e una critica all’astronomia in cui contesta l’esistenza della predestinazione) filosoficamente più complessi. Chiudono l’agone i discorsi di Tusiana e Domnina. Dopo la vittoria di Tecla, la vergine vincitrice guida le altre donne in un inno di lode a Cristo sposo. Mentre il terzo capitolo del lavoro, altrettanto interessante per la ricostruzione del genere letterario del simposio, offre spunti di analisi interessanti in un percorso attraverso le interpretazioni di questo genere da Platone e Senofonte a Plutarco, sino a Luciano, Ateneo e Giuliano, nel quarto capitolo (a partire in particolare dal paragrafo “Gender and Competition”) l’A. offre gli spunti ermeneutici più brillanti sul curioso simposio al femminile di Metodio e al rapporto tra retorica ed elemento femminile. Tra gli elementi degni di nota, il rapporto tra il corpo femminile e il set dialogico in un giardino (e non in un interno domestico), la visione innovativamente positiva di una retorica gender-based contro la visione antica che squalificava le doti oratorie femminili (sostenuta ad esempio da Elio Aristide), e infine la visione – sostenuta soprattutto nel discorso della vincitrice Tecla – delle vergini come guerriere, con accenti di virilità, coraggio e atteggiamento indomito tipicamente maschili (“It is especially Thecla who compares the life of virginity to a heroic life, as fits her status as the most famous participant in the party. She encourages her fellow virgins with an appeal to glory […]The manliness of the metaphors has become explicit at this point, as Thecla tells her fellow virgins to have a manly heart, θυμὸν ἄρσενα).
Nel complesso, il lavoro dell’A. su Metodio è innovativo e coinvolgente; ha il pregio di analizzare un autore poco conosciuto nell’ambito di un periodo storico complesso, a cui si vuole far corrispondere un altrettanto complesso mutamento di gusti e tendenze letterari, senza mai astrarre la figura di Metodio dal suo contesto. All’A. va riconosciuto inoltre il merito di aver reso di grande interesse contemporaneo la scelta rivoluzionaria, da parte di Metodio, di organizzare un simposio letterario al femminile che sia sì ispirato all’antichità classica e alla filosofia Neoplatonica, ma che aspiri a superare entrambe per una visione escatologica cristiana di speranza e tensione al futuro, contro il sentimento imperante di nostalgia antiquaria della Seconda Sofistica.